Candela Vento di Venere

È forse uno dei dipinti più famosi al mondo: iconico, sublime, eterno, armonioso.

Il nome completo è “La Nascita di Venere” ed è stato realizzato da Sandro Botticelli in un periodo tra il 1482 e il 1485, commissionato da Giuliano di Piero de’ Medici, doveva probabilmente essere destinato alla Villa medicea di Castello appena poco fuori il centro di Firenze. 

Attualmente si trova conservato in una delle sale del Museo degli Uffizi.

Fu realizzato su tela di lino, abbastanza inusuale per quei tempi. La scelta non fu casuale, l’artista scelse proprio di unire due teli di lino poiché ben si prestavano ad accogliere la polvere di alabastro, mescolata ad una imprimitura a base di gesso, con cui fu realizzato quell’inconfondibile punto di azzurro che descrive le onde del mare sullo sfondo di Venere. 

Chi sono le figure vicino Venere?

Il titolo ci può portare fuori strada, poiché non viene rappresentata la nascita di Venerebensì l’approdo sull’isola di Cipro.

È circondata da tre figure, sulla destra e sulla sinistra.

Le due sagome abbracciate sulla parte sinistra sono Zefiro e la sua sposa Cloris

Zefiro che è la rappresentazione del vento primaverile, si accinge a soffiare verso Venere per aiutarla nel suo approdo sulla terraferma. 

Cloris è una ninfa floreale e se guardi bene, sotto le due figure stanno cadendo tantissime rose.

Sulla parte destra, appare raffigurata una fanciulla scalza che si presta a coprire la dea con un drappo di seta rosa, adornato da fiori primaverili. Alcuni studiosi hanno riconosciuto in questa figura una delle ancelle di Venere, le Horae; altri Flora; altri ancora una delle Grazie.

Quale delle tre Horae è stata raffigurata?

Molto probabilmente si tratta della Sacerdotessa Hora della Primavera.

Lo si capisce dai fiori primaverili raffigurati sul drappo e dalle piante di mirto da cui è circondata.

Il mirto, infatti, è la pianta dedicata ad Afrodite, considerata dea botanica ed odorosa.

Gli agrumi detti “mala medica” sono raffigurati sullo sfondo del dipinto come simbolo della famiglia Medici.

Si narra che quando nacque, Venere si accorse della propria nudità e ne ebbe pudore, così si celò dietro un cespuglio di mirto che si fece onore di sottomettersi alla necessità della dea.

A livello simbolico rappresenta l’amore profano e il suo nome “myrrìne”, per i greci indicava i genitali femminili. Con questa pianta si intrecciavano i rami per creare le corone indossate dalle spose; a livello fitoterapico viene utilizzato per il trattamento dei disturbi ginecologici.

Come mai Venere nasce dalla schiuma del mare?

 

L’aneddoto che sto per raccontarti lo dobbiamo ad Esiodo.

Secoli fa, ancora prima di Zeus e degli dèi, la Terra era governata da delle entità.

Due di loro, Urano e Gea, si uniscono e danno vita ad una stirpe.

Il primo, era geloso dei propri figli e timoroso di perdere il potere, così decise di imprigionarli nelle viscere di Gea.

Costei, volendosi ribellare alla perfida decisione del marito, prese una drastica decisione,

Ordinò ad uno dei suoi figli di colpire e ferire il padre.

Urano fu evirato e fu gettato il lembo di pelle nel mare. Si unì alla schiuma del mare e da questa unione, giungendo fino a Cipro, nacque la Dea Venere.

È più semplice capire come mai la dea appare raffigurata su una conchiglia che funge da zattera.

Il Polmone nascosto nella Nascita di Venere

Leggere tutti gli aneddoti legati a questo dipinto richiede tanto tempo; quindi, ho deciso di raccontarti quello che mi ha colpita di più.

Riesci a intravedere la forma del polmone nel dipinto?

Esatto, si trova proprio dove è raffigurato il drappo rosa sostenuto da Hora. Si tratta proprio di un polmone umano, in particolare di quello destro.

Ciò è stato sostenuto dal Dott. Davide Lazzari, studioso e appassionato di medicina nell’arte.

Secondo la filosofia neoplatonica, il polmone rappresenta il soffio vitale che avrebbe quindi dato vita a Venere.

Che significato ha la Nascita di Venere?

Innumerevoli sono le interpretazioni di questo dipinto e del significato attribuito alla dea Venere.

Ritengo di dover tenere presente che è stato realizzato nel 1400, periodo in cui si usciva dal buio del Medioevo e grazie soprattutto alla famiglia Medici, si dava risalto alla filosofia neoplatonica che ha poi influenzato tantissimi artisti, nobili, filosofi, studiosi.

Botticelli è affascinato da questi argomenti, e difatti all’interno dell’opera ha inserito tanti riferimenti neoplatonici.

Venere si può proprio dividere in due parti:

Terrena, in qualità di simbolo d’amore fisico

Ultraterrena in qualità di simbolo d’amore per la filosofia e l’intelletto

Sono due facce della stessa medaglia, un invito dunque a non considerarle antagoniste o in contrapposizione. L’una alimenta l’altra in un circolo d’amore che si nutre e autoalimenta.

Guardando questo dipinto straordinario ho capito che nonostante tu possa guardarlo mille e ancora mille volte, apparirà mutevole, sempre con una luce diversa, con un colore più intenso, un diverso movimento. Ed ogni volta scorgerai un dettaglio che non avevi visto.

Così, ho racchiuso tutta questa meraviglia nella mia Candela profumata Vento di Venere.

Ho catturato i suoi colori e i suoi profumi, e li ho dedicati a te. Si avverte la brezza del mare, il rumore delle onde placide sulla riva, il profumo degli aranci e l’odore dolce delle rose.

Vento di Venere

Profumi di Luce

La veneranda, la bella dall’aureo serto, Afrodite
io canterò, che tutte le cime di Cipro marina
protegge, ove la furia di Zefiro ch’umido spira
la trasportò, sui flutti del mare ch’eterno risuona, 
sopra la morbida spuma. L’accolser con animo lieto
l’Ore dai veli d’oro, le cinsero vesti immortali:
la fronte sua divina velaron d’un aureo serto,
bello, d’egregia fattura: nei lobi forati, alle orecchie
un fior, nell’oricalco foggiato, e nell’oro fulgente:
d’intorno al sen, che argento sembrava, ed al morbido collo,
monili tutti d’oro poi cinsero, quali esse stesse
l’Ore dai veli d’oro si cingono, allor che a le danze
muovono dilettose dei Numi, e alla casa del padre.
Or, poi che l’ebbero tutte le membra adornate, ai Celesti
l’addussero; e i Celesti ben lieti l’accolsero, e ognuno
la man le porse, ognuno chiedeva legittima sposa
condurla in casa propria: tal fu lo stupore di tutti,
vedendo Citerèa, che cinto ha di mammole il crine.
Salve, o più dolce del miele, dagli occhi brillanti: concedi
che in questo agone io m’abbia vittoria; ed onora il mio canto.
Io mi ricorderò d’esaltarti in un’altra canzone.                    
Omero, 
Inno ad Afrodite